Polo Universitario Santa Marta – Ex Panificio

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Il polo universitario di Santa Marta – Ex Panificio

a ridosso della cinta fortificata quattrocentesca edificata dai veneziani, la dominazione asburgica aveva utilizzato i bastioni modificandoli secondo le nuove esigenze difensive e costruendovi ex novo le grandi opere necessarie all’imponente apparato militare di stanza nelle province italiane dell’Impero. Nello strategico hubscaligero gli ufficiali dell’Ingegnieur Corps viennese realizzano nel 1863-65 l’imponente stabilimento della Provianda, composto dalla fabbrica-deposito del panificio e dai due silos per la conservazione dei cereali. Costituì uno degli impianti logistici più imponenti della piazzaforte austriaca di Verona, città militare più importante d’Italia e una delle principali in Europa. Un complesso industriale-produttivo, si direbbe oggi, ma certo non un “capannone”: lo stile è aulico e utilizza i canoni dell’architettura neomedioevale tedesca (Rundbogenstil); la fabbrica (in tutti i sensi) è solida e ineccepibilmente costruita, tanto da giungere in sostanziale buono stato fino ai giorni nostri. Con l’annessione al Regno d’Italia l’attività produttiva dell’impianto continuò per più di un secolo e le sue funzioni furono adattate a diversi utilizzi fino agli anni ’90 del XX secolo.

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La rifunzionalizzazione del comparto

Dismessa la funzione militare negli anni 90, il panificio e uno dei due silos (l’altro, chissà perché, rimane escluso) vengono destinati alla locale Università, mentre l’intero comparto è oggetto di una procedura che porta alla selezione di un pool di imprese con un progetto, redatto dallo studio veronese MPET assieme a una vasta schiera di consulenti, per la realizzazione di residenze, housing sociale, servizi, il recupero delle mura e la formazione di un grande parco pubblico

 

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La nuova funzione universitaria per l’ex panificio, con aule ai piani inferiori, spazi per i docenti ai livelli superiori e una biblioteca nel maestoso sottotetto, ha comportato il ribassamento dei tre cortili fino alla quota dell’interrato e la loro chiusura con volte in ferro e vetro ad arco ribassato, oltre alla riconnessione dei percorsi orizzontali e verticali con passerelle e scale metalliche – tra cui quelle di sicurezza, ricavate internamente alla fabbrica a differenza che nel silos dove sono esterne, a conferma che rigore, metodo e principi si devono sempre confrontare con il caso per caso – e a una complessa dotazione impiantistica. Le partizioni interne sono quasi sempre vetrate, mirando a una lettura integrale delle spazialità rigorose e vigorose; al piano terra la conservazione degli elementi materici – intonaci, residui dei forni e delle canne fumarie, eccetera – si fa più spinta, fino quasi a scivolare nel pittoricismo.

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Il progetto porta la firma di Massimo Carmassi e Gabriella Ioli Carmassi in collaborazione con il dipartimento IUAV studi e progetti.

Nel 2015 la realizzazione è stata insignita della medaglia d’oro dell’Architettura Italiana alla Triennale di Milano.

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diego martini – fotografo + architetto

Fonte: www.aresline.com

             www.ilgiornaledellarchitettura.com



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